Lethal Honey 1

di Sergio Gambitt19

 

 

Si muove sinuosa, scivolando per quei condotti d’areazione con una grazia ed una sicurezza tali da far pensare che quel complesso labirintico di cunicoli e cavità sia stato creato da lei stessa. E’ stata addestrata fin da piccola per questo: memorizzare la pianta degli allarmi del palazzo, individuarne i punti deboli così da poterli sfruttare a suo vantaggio, calarsi dal tetto e tracciare con precisione chirurgica un’apertura circolare nel vetro della finestra senza far scattare i rilevatori di movimento, superare l’intricata mappa di raggi infrarossi movendosi come solo una prima ballerina del Bolsoj saprebbe fare, contare i decimi di secondo che separano i periodi con cui la telecamera a circuito chiuso sarebbe tornata ad inquadrarla, e sfruttarne solo pochi per raggiungere la grata del condotto, aprirla, penetrare all’interno e richiuderla alle sue spalle; in tutto questo riesce a sentirsi pienamente viva. Non è il rischio che la eccita, e nemmeno la consapevolezza di poter superare un così avanzato sistema di difesa. No. E’ la segreta bellezza insita in quei gesti, il fascino che sa di emanare quando si muove con la sicurezza e la leggiadria di un ragno sulla propria tela. Come l’animale da cui prende il nome, emana in ogni movenza sensualità e pericolo. E’ erotismo allo stato puro, e contemporaneamente Lethale come solo un ragno può essere. Sa come scatenare tutti gli istinti più reconditi degli uomini quando vuole, e non c’è anima che non si turbi al solo vederla. Lo sa, e lo adora. Alla Vedova Nera piace sedurre, ed è sempre stata la seduzione la sua arma più efficace.

Con calma, fissa la fune alla sommità del condotto. Poi, attenta a non produrre la minima vibrazione, scosta la grata sotto di lei e si cala lentamente nell’ampio salone buio. Gli occhiali ad infrarossi le rivelano la ragnatela di sensori che, sfiorati appena, la intrappolerebbero lì fino all’arrivo delle autorità, se non  peggio. Conosce bene l’abitante, sa che quando si parla di misure di sicurezza non scherza mai. Sposta la rilevazione da infrarossa a termica, e individua subito la centralina elettrica. Un solo morso di vedova ed è ridotta ad un groviglio fumante di cavetti e circuiti. Stacca la corda e piroettando nell’aria giunge in punta di piedi sul pavimento. Poi, ricordo dei primi tempi da ballerina, fa un leggero inchino ad un pubblico fantasma, sorridendo compiaciuta della propria esibizione.

Si accendono le luci.

“Esibizionista come un tempo, non sei proprio cambiata.”

Una donna anziana ma con ancora i segni sul volto di una gran bellezza passata avanza battendo delicatamente le mani in direzione della Vedova Nera. Le volute dei suoi boccoli bianchi vengono riprese più in basso da un altrettanto bianco vestito da notte, che le scende fino ai piedi.

“Ma noto con piacere che nemmeno le doti atletiche e tattiche sono venute meno. Ti trovo…in forma.”

Natasha sorride per il complimento, poi:

“Alludi all’essere penetrata nell’attico di Manhattan del miliardario recluso più famoso del mondo senza aver fatto scattare nemmeno un allarme? Bhe, non è stato molto difficile, -Ms. Dawn-.” quindi, avvicinandosi alla donna fino ad averla di fronte “A proposito, perché questa pagliacciata della nuova identità? Fa tanto spy story anni ’70.”

“Devo mantenere un basso profilo. Sono tempi duri per quelli come me e te. Non tutti hanno avuto la fortuna di -redimersi- con i Vendicatori, non trovi?” Natasha risponde alla frecciatina con uno sguardo duro, ma non raccoglie la provocazione “E, per inciso, ti tengo d’occhio da quando hai messo piede sul palazzo. Sei brava, ma non dimenticare che quando ancora tu eri una giovane spia inesperta ti ho insegnato molto. E la prima regola di una spia è: non fidarsi mai di nessuno.”

“Il lupo perde il pelo…”

“…ma non il vizio, mia cara. Tu dovresti saperlo” la donna ricambia lo sguardo duro di Natasha, fino a quando quest’ultima tramuta la sua espressione in un sorriso e dice:

“Adoravo questi momenti. Fa piacere sapere che certe cose non cambiano” poi, facendosi seria “Allora, dimmi perché sono qui.”

“Sono rimasta impressionata dal tuo comportamento durante l’attacco di Fu Manchu a Manhattan, e ho deciso di affidarti una missione.” Dawn spegne le luci e su un pannello bianco in una parete viene proiettata una diapositiva di un uomo anziano, dai capelli e baffi bianchi “Questo è il dottor Ben Gustavson, 52 anni, laureato ad Harvard e poi scomparso nel nulla. E’ ricomparso un mese fa, quando ha cominciato a contattare tutti i Paesi stranieri per vendere al miglior offerente delle informazioni che, a quanto ho capito, potrebbero essere della massima importanza. Negli Stati Uniti è stato impossibile rintracciarlo, ma sembra aver trovato un acquirente qualche giorno fa, e si prepara ad incontrarlo. Sotto falso nome ha prenotato un volo per Mosca, e qui entri in gioco tu. Bisogna assolutamente impedire che queste informazioni finiscano nelle mani sbagliate, ed è essenziale che riusciate a portarmele intatte. Partirete domani con il suo stesso volo, e una volta a Mosca dovrete stare attente a non perderlo d’occhio.”

“Dovrete?”

“Oh, non te l’ho detto? Avrai una compagna.”

 

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OPERAZIONE: CACCIA A MOSCA 1 (di 2)

IL LUPO PERDE IL PELO…

 

 

 

Aeroporto J.F.K., New York.

Natasha Romanova, impermeabile di pelle nera e occhialetti rotondi rossi, scruta il dottor Gustavson, seduto due file più avanti nella sala d’attesa. E’ nervoso, tiene davanti a sé un giornale aperto, ma più che essere interessato alle notizie lo usa come paravento dietro al quale può lanciare fuggevoli occhiate alla gente che passa. Non ci vuole una spia per capire che ha qualcosa da nascondere, e che quel qualcosa si trova nel portatile nero che stringe in maniera così eccessiva. Principiante. Sarebbe pronto a sobbalzare anche se gli chiedessero l’ora. Si vede che è nuovo a questo genere di co…

“E’ lui il bersaglio?”

Natasha si gira di scatto e istintivamente scosta la manica dell’impermeabile quel tanto che basta per lasciare intravedere i metallici cilindretti dei morsi di vedova.

“Tranquilla, sono il tuo contatto. Chiamami Shadowcat.”

Natasha controlla mentalmente la foto che Dawn le aveva mostrato. Tranne per il fatto che in foto sembrava molto più grande, i due volti coincidono.

“E tu devi essere la Ve…”

“Sì, sono io, e non credo che sia una buona idea gridarlo ai quattro venti” poi, invitandola a sedersi accanto a lei “Non ti ho sentita arrivare…”

“So muovermi silenziosamente se voglio…come procede la situazione?”

“Tranquillamente, ha una paura del diavolo anche per alzarsi e andare al cesso. Ma ci darà problemi a Mosca, tenterà subito di far perdere le sue tracce. Conosco il tipo.”

“Bhe, posso seguirlo facilmente senza essere vista.”

“Si…sono a conoscenza delle tue abilità. Tieni.” Natasha porge un auricolare a Kitty “Così saremo sempre in contatto.”

“Ok” risponde Kitty, quindi viene annunciato il volo per Mosca. Il dottor Gustavson si alza e si avvia verso l’uscita. Le due lo seguono con lo sguardo mentre si accinge a passare il metal detector. Scatta l’allarme, ma l’uomo tira fuori un biglietto e lo mostra al poliziotto. Dopo una telefonata, il poliziotto lo fa passare senza neanche controllare il portatile con i raggi X.

Deve avere contatti molto in alto, pensa Natasha, come al solito la mia mandante deve aver volontariamente omesso qualche particolare. Com’era quella frase? Il lupo perde il pelo…

 

Texas.

Un ufficio buio, con poche tapparelle aperte da cui entra un po’ di luce.

Un uomo è seduto alla scrivania, il volto coperto dall’oscurità.

Bussano alla porta.

“Avanti” dice l’uomo.

Un ragazzo sulla trentina entra trafelato nell’ufficio. In mano ha una foto in bianco e nero.

“L’abbiamo trovato!” quasi urla “Le telecamere a circuito chiuso dell’aeroporto di New York lo hanno individuato! Ha preso un volo per Mosca circa dieci minuti fa!”

L’uomo alla scrivania prende in mano la foto e la osserva per qualche istante. Poi:

“Mosca, eh? Vuole venderci a quegli sporchi comunisti…” quindi torna a guardare il ragazzo “Non possiamo permetterlo. Fergusson, manda a chiamare l’agente MK666.”

“P-Psycho…?”

“Proprio lui. Mandalo subito su un volo speciale a Mosca. Gli ordini sono: rintracciare e uccidere il dottor Gustavson e distruggere le informazioni che vuole vendere. Imparerà a sue spese che con noi non si scherza.”

 

Aeroporto di Mosca.

Il dottor Gustavson esce di gran fretta dall’aeroporto, guardandosi intorno con circospezione. Kitty e Natasha lo seguono a debita distanza. Con disappunto Natasha nota che l’uomo sta chiamando un taxi. Basta uno sguardo ed entrambe sanno cosa fare. Mentre Kitty si avvicina al taxi in partenza, Natasha simula uno svenimento. Tutti le si avvicinano preoccupati, e questo diversivo dà alla prima l’occasione di penetrare non vista nel bagagliaio del taxi rendendosi intangibile. Una volta dentro le sue uniche parole, sussurrate all’auricolare, sono:

“Azione riuscita”

Quindi tira fuori dallo zainetto un aggeggio composto da una piccola parabolica e una tastiera e lo indirizza in direzione del sedile posteriore, attaccando il sonoro direttamente all’auricolare.

<…sì, sono arrivato a Mosca proprio ora…ho tutto con me, nel mio portatile, voglio finire l’affare il prima possibile…fra due ore alla Piazza Rossa…ci sarò.>  poi il –click- dello sportellino del cellulare del dottore che si richiude.

“Hai sentito?” sussurra Kitty nell’auricolare.

“Forte e chiaro” risponde Natasha, ancora nei pressi dell’aeroporto “Ci vediamo lì. Passo e chiudo.”

Con un gesto distratto chiama un taxi.

“Piazza Rossa” dice in russo al conducente.

Non male, pensa, è in gamba per essere una ragazzina.

 

Contemporaneamente.

Il colonnello Stalyenko riaggancia il telefono.

“Quell’idiota di Gustavson è riuscito ad arrivare fino a Mosca. Bene, non la lascerà più. Rabounski!” la sua voce roca risuona come un tuono nella stanza iper-accessoriata di ogni genere di ritrovato tecnologico riguardante la guerra. E’ quel genere di stanze dell’esercito in cui si decidono i destini di nazioni. Stalyenko, da una postazione sopraelevata, osserva fiero il brulicare di soldati e scienziati sottostante, i pochi uomini che sovrintendono alla sicurezza dell’intera Russia. Con il fiato corto e gli occhi che tradiscono una certa paura al cospetto di un uomo importante come Stalyenko, il soldato semplice Rabounski si presenta al suo cospetto e compie il saluto militare.

“Riposo, soldato” tuona Stalyenko girandosi verso di lui. Il soldato si sforza di non posare gli occhi sulla spalla destra del colonnello, in cui la giacca militare annodata accentua l’assenza del braccio, perso in una dura battaglia con il popolo degli Inumani.

“Chiama Yelena Belova. Dille di presentarsi fra due ore alla Piazza Rossa. C’è un americano che possiede delle preziosissime informazioni rubate alla Madre Russia. Deve ucciderlo e recuperare il portatile, senza coinvolgere le autorità. Ecco, questo è il suo bersaglio” Stalyenko dà la foto di Gustavson al soldato “Và ora.”

“Sissignore!”

Il soldato rifà il saluto militare e di congeda. Stalyenko sorride, è sempre stato fiero della sua abilità di ingannatore.

 

Piazza Rossa.

La Vedova Nera sta passeggiando tra la folla, seguendo il dottor Gustavson. Fino ad ora si è fatto un giro nei dintorni, ha comprato un gelato e ha finito il suo giornale americano. Come un perfetto turista. Peccato che Natasha sappia bene che è tutta una tattica per restare in un luogo affollato senza dare nell’occhio, in modo tale da avere sempre delle autorità a portata di urlo, nel caso le cose andassero storte. Controlla l’orologio, mancano dieci minuti all’appuntamento con i compratori. Si guarda intorno, ma non c’è traccia né di tipi sospetti né di Shadowcat. Dove si sarà andata a ficcare quella ragazzina? Meglio così, pensa Natasha, non avrò dilettanti tra i piedi. Ultimamente sembrano scambiarmi tutti per la baby-sitter da chiamare quando non si sa a chi lasciare i pargoletti. Sono invecchiata così tanto? Starò rimpiazzando il mio fascino di femme fatale con la più rassicurante bellezza banale di una mamma? E se gli altri mi vedono così, non sarà perché io voglio che mi vedano così?

Avvolta in questi pensieri, senza perdere di vista il dottore, Natasha continua la sua passeggiata per la Piazza Rossa. Dentro di sé, nella parte più nascosta del suo animo,  è profondamente contenta. Contenta di essere tornata nel suo Paese natale, contenta di rivedere i posti in cui è cresciuta, contenta di poter tornare di nuovo a contemplare il cielo russo e ad assaporare la fitta rete di odori che permea Mosca. Nei suoi pensieri si affacciano stralci di ricordi…i primi successi da ballerina, le passeggiate romantiche con il suo ex marito Alexi Shostakov e le promesse di amore eterno, il soldato che le portò la notizia della sua morte, il suo ingresso nel K.G.B. con il nome in codice di Vedova Nera e le sue prime missioni da spia negli Stati Uniti…chi avrebbe detto che un giorno avrebbe fatto parte, e addirittura comandato il più grande gruppo di eroi della nazione rivale alla sua patria?

“Il destino segue vie imperscrutabili…” sussurra la Vedova sovrappensiero, quando nota del movimento intorno al dottor Gustavson. Una figura ammantata in un ampio impermeabile marrone ha affiancato il dottore e dopo aver scambiato quattro chiacchiere i due si stanno avviando lungo una strada affollata. Senza esitare Natasha li segue con passo svelto, fino a che i due non voltano per un vicolo buio. Comincia a correre, facendosi largo tra la folla, con la netta sensazione che se non fosse riuscita a riprenderli entro pochi istanti li avrebbe persi del tutto, e sarebbe stato tutto inutile. Finalmente arriva all’imboccatura del vicolo e guarda dentro. E’ un vicolo cieco, neanche tanto lungo. Vuoto. Spazzatura si accumula senza controllo ai due lati, e piccoli corpicini di topo si muovono fugacemente nel pattume con piccoli squittii. L’altro lato di Mosca, pensa Natasha.

Con circospezione avanza nel vicolo, guardandosi intorno. Al di là di un cumulo di immondizia intravede qualcosa di luccicante. Si avvicina e si accorge che è un anello, infilato al dito di un uomo disteso per terra. Il dottor Gustavson. Natasha si abbassa e mette due dita sul collo dell’uomo…è vivo, ma svenuto. Immediatamente avverte una presenza dietro di sé, ma non fa in tempo a girarsi che viene colpita alla testa da qualcosa di duro e metallico. Cade a terra accanto al dottore, e tenta subito di rialzarsi. Con gli occhi appannati cerca di inquadrare l’aggressore. E’ una ragazza bionda, vestita di pelle nera, che tiene in mano il portatile del dottore. Ai suoi polsi spiccano dei bracciali fatti da cilindretti metallici.

Oh no, pensa Natasha, non lei…

“Caccia grossa oggi. Non solo ho l’occasione di uccidere una spia del governo statunitense che stava per portare nel suo Paese delle importanti informazioni, ma come ciliegina sulla torta posso anche finire una volta per tutte una traditrice della propria terra natia, e divenire l’unica Vedova Nera in circolazione. Sono una ragazza fortunata non credi, Romanova?”

Mio Dio, pensa Natasha, è ancora peggio di quanto pensassi…la stanno usando.

“Non…non cambi mai. Sempre un burattino di quelli in uniforme…” dice.

La seconda Vedova Nera risponde alla provocazione con un violento calcio alla mascella di Natasha. Poi, sorridendo, risponde:

“Non credo tu sia nella posizione di criticare, Romanova. La Russia è il mio Paese e farei tutto per servirla. E poi sai come si dice, no? Il lupo perde il pelo…”

Sì, lo so, pensa Natasha.

 

 

Note dell’autore: allora questa è una serie che coinvolge le bad girls più famose dell’universo Marvel. Anche se la presenza di mutanti sarà tangibile, specie nel primo ciclo, ho deciso di mettere la serie nella sezione Cavalieri Marvel per l’approccio un po’ diverso ai supereroi, più serio e urbano e meno spettacolare. Inoltre le storie si richiamano molto come atmosfere a quelle serie Marvel Knights come Vedova Nera e Cavalieri Marvel stessa. Come continuity, questa storia si svolge tra Cavalieri Marvel 2 e 3, e l’accenno a Fu Manchu di Dawn si riferisce proprio a quanto accaduto nei primi due numeri della succitata serie.

Nel prossimo numero: Shadowcat alla ribalta, lo scontro tra le due Vedove Nere e l’entrata in gioco di un nuovo, pericolosissimo, contendente!